Figlia d'Adamo di Debora Greger

Debora Greger
Figlia d'Adamo

con una nota critica di Piera Mattei e una nota scientifica di Augusto Marcelli

Una poesia che interpella quanti erano i responsabili delle scelte gravissime della politica e della scienza, negli anni della sua infanzia, negli anni Cinquanta.

 

Li interpella senza risentimento ma con un'ironia tagliente, che chiede conto non tanto della malafede, quanto dell’incoscienza:
«Golden Deliziose: avevo mangiato del frutto
della conoscenza del bene e del male
ma i miei occhi non si erano aperti, non ero dio».

Piera Mattei dalla Nota critica
On great stone wings a hawk hovered
in the great dusty hall of the sky.
Below, in the shade of a lowly sagebrush,
a rabbit dug its own grave.

An official sang out from time to time
sharply, almost dreamily,
to a bulldozer pushing back the earth,
back where it came from,

as if to plunge a great ship
deeper into the dirt.
   Su grandi ali di pietra sta sospeso un falco
nell’immenso polveroso spazio del cielo.
Giù, nell’ombra di un basso campo d’avena,
un coniglio scava la sua fossa.

Di tanto in tanto con tono aspro un ufficiale
gridava ordini, quasi in stato di sogno,
a un bulldozer che spingeva indietro la terra,
indietro da dove era venuta,

come per far affondare una enorme nave
più a fondo dentro la terra.

Pagine: 70 | ISBN: 9788866830054 | ISBN-A: | Prezzo: € 7,00  Acquista

Ne hanno parlato...

Todd Portnowitz
«“In principio era il verme”. Così comincia il Vangelo di Debora Greger, che per il suo sesto libro, Dio (Penguin 2001) si veste come la quinta, e assai meno pia, evangelista. E, nonostante il titolo schietto della raccolta, è il verme che si presenta come il vero protagonista e primum movens: il verme come verbo, l’esca divina del poeta, che fa cadere città (“un centimetro o poco più”), che striscia da missionario di villaggio in villaggio, e che infine, come un assassino insonne mandato dall’autrice stessa, consuma la bibbia intera dall’interno, digerendo la polpa di due millenni. Sono trascorsi tredici anni dalla pubblicazione di God, e la Greger è ormai autrice di nove libri di poesia, una selezione dei quali è uscita in italiano nel 2012, nella raccolta Figlia d’Adamo (Gattomerlino/Superstipes), con una nota critica di Piera Mattei e una nota scientifica di Augusto Marcelli. Questo attacco a doppio taglio, tra la critica letteraria e quella scientifica, è l’approccio giusto al lavoro della Greger, la cui poesia tende liberamente ed equamente dall’umanistico al biologico. Il suo sguardo sul mondo non si limita a registrare e a fare luce solo su ciò che è intrigante, ma accoglie nel suo spettro visivo anche l’aspetto più umoristico, se non addirittura comico, delle cose, la loro assurda piccolezza davanti alla grandezza del cosmo. Per fortuna del lettore, comunque, Debora Greger è un poeta di misura e pazienza esemplari, ed è il linguaggio, non le idee, a guidare la sua arte.»

 

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