La biografia di Pierre Curie scritta dalla moglie Marie Sklodowska non può che suscitare grandi emozioni e intense riflessioni in uomini e donne appassionati di scienza.

Questi effetti sono ancor più accentuati in me, biologo molecolare che da anni si interessa degli effetti delle radiazioni ionizzanti sulle cellule. Infatti tutto ciò che sappiamo su questo argomento poggia le sue fondamenta sulle scoperte pionieristiche di Pierre e Marie Curie che, come l’elegante e chiarissima esposizione di Marie racconta, sono state ottenute grazie alle loro eccezionali caratteristiche: una passione irrefrenabile ed una fede incrollabile nella scienza e nel suo ruolo fondamentale nel progresso umano; uno spirito di sacrificio assolutamente fuori dal comune e capace di superare gli enormi ostacoli incontrati lungo la strada e il genio purissimo che in entrambi si manifestava in forme diverse e magicamente complementari.

Per quanto riguarda la passione e la fede nella scienza che poi è anche elemento di grande condivisione nella loro vita insieme, Marie riporta un passo di una lettera di Pierre: “Sarebbe tuttavia una bella cosa alla quale non oso credere di passare la vita l’uno accanto all’altra, ipnotizzati nei nostri sogni: il vostro sogno patriottico, il nostro sogno umanitario e il nostro sogno scientifico. Di tutti questi sogni, l’ultimo soltanto, credo è legittimo. Voglio dire con questo che noi siamo impotenti a cambiare lo stato sociale, e se così non fosse, noi non sapremmo come agire, e muovendoci in qualunque direzione non saremmo mai sicuri di non fare più male che bene, ritardando un’evoluzione inevitabile. Dal punto di vista scientifico, al contrario, noi possiamo pretendere di fare qualcosa. Il terreno è più solido e ogni scoperta, per piccola che sia, resta acquisita..”. In tempi di crisi delle ideologie e della speranza di progresso sociale, questo ragionamento dovrebbe fare riflettere i giovani e soprattutto i responsabili delle politiche di istruzione e formazione del nostro paese. Da parte sua Pierre era pienamente consapevole dell’importanza della formazione scientifica dei giovani quando dichiarava all’Association des Professeurs de Facultés “che l’insegnamento delle scienze deve essere l’insegnamento dominante dei licei dei ragazzi e delle ragazze” anche se era molto pessimista sull’esito di tale mozione. Pessimismo basato su anni di delusioni e frustrazioni dei propri sforzi per ottenere risorse adeguate alle sue promettenti ricerche. Anni di lotte contro un’accademia scientifica poco propensa a riconoscere il merito dei giovani ricercatori e contro un potere politico poco incline a vedere nella ricerca di base un investimento prioritario per il futuro della nazione. E lo stato non aiuterà molto Pierre nelle sue ricerche salvo poi offrirgli decorazioni e ricompense una volta che le sue scoperte si riveleranno in grado di aprire grandi potenziali applicativi alla portata di tutti.

Qui non c’è nulla di nuovo e suonano più che mai amare le parole con cui Pierre risponde al ministro che nel 1903 lo aveva proposto per la Legion d’Onore, la massima onorificenza francese: “Vogliate, vi prego ringraziare il ministro e informarlo che non provo affatto il bisogno di essere decorato ma che ho un grandissimo bisogno di avere un laboratorio”. E come dice Maria “non si può non provare una certa amarezza al pensiero che…..in definitiva uno dei massimi scienziati francesi non ha mai avuto a sua disposizione un laboratorio appropriato, mentre il suo genio si era manifestato dall’età di vent’anni.”

Sono parole che fanno riflettere come fa riflettere il sacrificio estremo della vita dei Curie. Nel racconto di Marie si rivivono giornate massacranti che li esponevano ad una mole di lavoro incredibile e, a loro insaputa, agli effetti nocivi delle radiazioni che avrebbero consumato la salute e vita di entrambi, se Pierre non fosse morto prematuramente, travolto da una carrozza mentre immerso nei suoi pensieri tornava da una riunione proprio all’Association des Professeurs de Facultés. Maria stessa ricorda come Pierre al fine di controllare gli effetti fisiologici del radio espose volontariamente il suo braccio per alcune ore: “Ne risultò una lesione simile ad una bruciatura che progressivamente si sviluppò e ci mise parecchi mesi a guarire. Henry Becquerel ebbe una bruciatura analoga per incidente,quando trasportò in una tasca del gilet un tubo di vetro che conteneva un sale di radio. Venne a raccontarci il risultato nefasto prodotto dal radio e gridava con aria insieme rapita e contrariata: “Io lo amo, ma gliene voglio.”

Marie, i cui libri di note e persino le ricette di cucina sono ancora oggi pesantemente radioattivi e che si espose generosamente alle radiazioni anche durante la prima guerra mondiale per esercitare le mansioni di radiologa sul campo, morì a 67 anni per una grave forma di anemia caratterizzata dall'insufficiente produzione nel midollo osseo di cellule del sangue, sicuramente causata dall’esposizione pluriennale alle radiazioni.

Pierre e Marie ci lasceranno le loro straordinarie scoperte, per loro espressa volontà mai coperte da brevetti che avrebbero potuto arricchirli ma che ne avrebbero limitato la rapida diffusione ed una straordinaria dinastia di scienziati a cominciare dalla loro figlia maggiore Iréne Joliot Curie che meriterà a sua volta il premio Nobel per la chimica per la scoperta della radioattività artificiale e che morirà a soli 57 anni di leucemia, molto probabilmente causata dalle radiazioni assorbite durante il lavoro di ricerca e il volontariato a fianco della madre durante la guerra mondiale.

Rodolfo Negri