Sylvia Plath nacque il 27 ottobre 1932 nei pressi di Boston da padre tedesco e madre austriaca.
A soli otto anni scrive la sua prima poesia, che viene pubblicata nel Boston Herald. A scuola è la più brava. Nello stesso anno la morte del padre per un diabete trascurato, legherà ancora di più la figlia alla giovane madre. Nel ’50 entra nel college femminile più esclusivo degli Stati Uniti. Si affacciano le depressioni, accompagnate dalle delusioni amorose, e i primi due tentativi di suicidio, seguiti da ricoveri in cliniche psichiatriche e devastanti elettrochoc. Vince una borsa di studio, due premi di poesia e si laurea con lode con una tesi su Dostoevskij.
Nel ’55 viene ammessa a Cambridge. Vive a Londra un’intensa storia d’amore con lo studente Richard Sassoon che poi la lascerà.
Conosce il poeta inglese Ted Huges, che le ricorda suo padre (nell’alta statura, nella corporatura massiccia, figlio di un artigiano come lo era stato suo padre). Si sposano nel ’56. Nel ’57 torna con Ted in America per insegnare inglese nel suo vecchio college. Lascia l’insegnamento per avere più tempo per la scrittura. Ted riceve numerosi riconoscimenti.
Alla fine del ’59 la coppia torna a Londra dove esce la raccolta di poesie The Colossus and Other Poems. Nell’aprile del ’60 nasce la figlia Frieda Rebecca.
Ted e Sylvia si trasferiscono in una grande casa con giardino nel Devon. Dopo un iniziale entusiasmo la frustrazione per la dura vita domestica le ispirerà il romanzo La campana di vetro, pubblicato il 14 gennaio 1963, pochi giorni prima della morte. Nel luglio ’62, a pochi mesi di distanza dalla nascita del secondogenito Nicholas, la gelosia la spinge a bruciare tutte le carte di Ted.
Separatasi da lui, si rifugia nella scrittura di nuove poesie, che confluiranno nella raccolta postuma Ariel. A novembre ’62 si trasferisce a Londra, dove l’11 febbraio ’63 si uccide.

Gli amanti e il barbone del mare